Una storia di fieno, ‘Saras’ e cracia…

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Saras4La stagionatura nel fieno serviva – e serve – a ridurre la ‘cracia’ gialla che, naturalmente, si sviluppa già a poche settimane di stagionatura. Piccoli segreti che, ancora, tramandano millenni di una tradizione casearia che oggi diventa elemento di curiosità, se non autentica arte rurale. Piccoli segreti che durano l’attimo di fermarsi e ascoltare. Vivere, soprattutto, il ritmo di una storia in realtà cristallizzata nel tempo, scandita più che altro dal ritmo giornaliero delle mungiture di sera e mattina e da una stagionalità semplice, che ‘montica’ le bestie d’estate sugli alpeggi di Maniglia in Val Germanasca e le riporta a svernare nella piana pinerolese: il cuore delle terre che furono degli Acaia, che la vastità delle campagne oggi nasconde nel triangolo fra Cercenasco, Buriasco e Scalenghe. Dodici mesi a mangiar d’erba. E a produrre un latte che serve ad alimentare la tradizione del ‘Saras’. Silvano Galfione le fa come una volta, “e solo al fieno si è dovuto talvolta rinunciare, perché spesso è il mercato a chiederlo”. Allora, ecco la ‘cracia’ gialla a rendere ancora più rustico – ma piacevolmente gustoso – un formaggio dalla caratteristica forma ‘a dente’, data dalle tele di sgrondo dove riposano per un giorno intero prima di essere stagionate. L’affinamento ideale va da un mese a un anno, ma in realtà il formaggio si consuma già dopo pochi giorni, con ottimi equilibri di gusto.Non solo ricotta. Perché il ‘Saras’ si distingue da una cottura più accentuata, che lo rende più compatto (e il controllo della consistenza, in fase di lavorazione, è molto importante): ciò si traduce, all’assaggio, in una seducente pastosità, con una nota di nobile agrezza che evolve al palato, con sorprendente e piacevole persistenza.Semplicemente siero di latte e sale. Con un po’ di storia e tanta passione.

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