Mangiar d’acqua dolce tra la piana pinerolese e la val Sangone. C’è vita negli stagni che movimentano le campagne ai piedi fra i ‘Tre Denti’ e il Monviso e che ricordano un po’ le risaie del Vercellese. Soprattutto, ci sono le carpe, declinate da ‘Acquaverde’ in specialità ghiotte e di curiosa memoria. Innanzitutto, e il gioco di parole non deve sorprendere più di tanto, il ‘carpione’. Termine indicativo di una preparazione di lontana memoria, che non a caso nasce come necessità di ‘conservare’ il pesce carpione gardesano (un salmonide). Che qui non c’entra nulla, però. La ‘famiglia’ delle carpe piemontesi è, infatti, quella dei ciprinidi, ed è articolata in specie diverse: ci sono le ‘erbivore’, le ‘argentate e le ‘testagrossa’, ad esempio. Ognuna di esse trova negli specchi d’acqua di Cumiana l’ambiente ideale per vivere e nutrirsi: di piante acquatiche, piccole alghe o zooplancton. Ma torniamo al ‘carpione di carpa’: che qui in Piemonte si fa dal Medioevo, piccolo vezzo che nobilita una cucina di tradizione popolare, d’ingegno e, soprattutto, con utili capacità di conservazione… in tempi in cui il solo pensar di frigoriferi avrebbe significato una condanna per stregoneria. Tempi in cui, anche in tema di cibo, bisognava fare di necessità virtù, allora, e aggiungere ai pochi mezzi la piacevolezza del gusto: è il segreto di una ‘cucina popolare’ che oggi si trasforma in prelibatezze da scoprire. Così, per i filetti di carpa. La naturalezza del pesce si manifesta in consistente e virile sapore. Altrettanto sorprendente è l’equilibrio del carpione, appena accentuato dalle speziature briose dei chiodi di garofano. Una nota intensa e nobile, che anche agli antichi signori delle terre d’Acaia sarebbe piaciuto.
Ma la carpa è trasformata anche in zuppe e salse, che la linea ‘delizie di lago’ porta in giro per il mondo: filiera corta e un Piemonte che sa stupire anche a colpi di pinna.
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