Frossasco
Cappella della Madonna della Grà

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La cappella della Grà, detta anche del Bivio o della Neve, è collocata poco al di fuori del centro abitato di Frossasco, a pochi metri della strada del Bivio dalla quale deriva uno dei nomi con i quali è conosciuta. Il primo epiteto, della Grà, è dovuto alla dedicazione alla Madonna delle Grazie, alla quale si aggiunse più tardi quella a san Grato, e designava la località già agli inizi del 1400; l’edificio sorgeva sulla strada che, seguendo l’antico tracciato romano, conduceva da Pinerolo a Susa.

Al suo interno è conservato un affresco che raffigura la Vergine con il Bambino; considerato miracoloso e meta di frequenti pellegrinaggi fino al XVIII secolo, era inizialmente dipinto su un pilone, poi inglobato entro la prima metà del 1600 in una cappella che i successivi ampliamenti portarono all’attuale edificio porticato a pianta rettangolare. Il dipinto si trova oggi al fondo della cappella, circondato da decorazioni di cornici e figure in stucco bianco su fondo azzurro; lo contorna una cornice dorata, sempre a stucco, coeva agli altri decori. Gli atti consolari di Frossasco degli anni 1594 e 1599 citano una “cappella dell’Aggrata posta vicino al pascho della Grata”, il cui nome deriva da un pilone su cui è dipinta una Vergine con il Bambino; gli stessi atti dichiarano che nel 1622 l’affresco era ancora “discoperto e sottoposto a piogge et altri mali tempi”, e che soltanto nel 1634 il rettore della cappella ne fece erigere l’altare.

La prima visita pastorale, eseguita dall’arcivescovo Giovanni Battista Roero, risale al 1753; le condizioni dell’edificio erano all’epoca abbastanza buone e, di fronte ad esso, sulla destra, era annesso il cimitero. La cappella aveva un solo altare, posto alla destra dell’ingresso, ed era chiusa da un cancello di legno. La visita successiva, datata 20 maggio 1776 ed effettuata dall’arcivescovo Rorengo di Rorà, ci ricorda che la cappella aveva già assunto la dedicazione a san Grato al posto di quella della Vergine. Le condizioni di conservazione dell’edificio, all’epoca di proprietà della comunità di Frossasco, non erano più molto buone: alcune parti erano scrostate, altre molto rovinate, e l’altare non aveva più nemmeno la pietra sacra, elemento che ne denuncia la consacrazione.

Nel 1835, dopo un periodo in cui la cappella non sembra più essere di alcun interesse per Frossasco, la comunità locale (di cui l’edificio era proprietà) decise di fare dei lavori di ristrutturazione, a seguito dei quali poté di nuovo essere consacrata. Verrà citata ancora, con il nome di Madonna della Neve, in un elenco di cappelle fatto in una visita pastorale del 1847.

Madonna con il Bambino; cappella della Madonna della Grà, parete di fondo
Madonna con il Bambino; cappella della Madonna della Grà, parete di fondo

Il dipinto conservato sulla parete di fondo raffigura la Vergine, vestita di rosso scuro ed avvolta in un ampio manto blu che nasconde in parte il basso tronetto su cui è seduta; con la sinistra sorregge Gesù, accostandolo alla sua guancia, e con la destra gli accarezza le gambe. Il dipinto è interessato da ampi rifacimenti e ridipinture; l’evidente asimmetria del riquadro e l’eccessiva prossimità della cornice al bordo del dipinto fanno presupporre una maggiore estensione dell’originaria superficie affrescata, poi ridotta in epoca imprecisata.

L’autore del dipinto dimostra di essere a conoscenza delle opere del Maestro di Cercenasco, in particolare nella resa dei volti e nella rappresentazione del Bambino, nonostante palesi una minore maestria esecutiva. Studi stilistici inducono a datare l’opera intorno agli anni Dieci del Cinquecento, a ridosso della Madonna del latte che il Maestro di Cercenasco realizzò in anni non lontani nella Basilica di San Maurizio di Pinerolo (terza campata della navata destra, sopra all’arca sepolcrale di don Barra), della quale, forse, l’anonimo artista che lavorò a Frossasco ebbe conoscenza. La sua prossimità con il Maestro di Cercenasco autorizza ad ipotizzare non solo una conoscenza delle sue opere, ma anche una gravitazione non lontana dall’orbita del suo atelier, che andò ad arricchire il suo linguaggio, maturato molto probabilmente in zona.

(Per un ulteriore approfondimento si veda il volume Il Maestro di Cercenasco).

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