Comunità connesse – Coprogettare la comunicazione per costruire la comunità

Il Centro Studi  “Silvio Pellico” ha particolarmente vocato/indirizzato la propria azione  di “corpo intermedio glocale”  al farsi “connettore e catalizzatore di comunità attraverso la comunicazione”. Comunicazione letta/interpretata/vissuta quale “cura delle relazioni” e spazio di inter-azione e interdipendenza che rende possibile, se organizzata progettualmente, un incremento valutabile (in termini di efficienza e di efficacia) della costruzione di “bene comune” e di creativa custodia/valorizzazione dei Beni Comuni.

Tentando così di (ac)cogliere la grande opportunità data dall’apertura alla “Amministrazione Condivisa” tra Enti pubblici e soggetti del Terzo settore, sancita dalla riforma del Codice che  norma quest’ultimo, il C.S.S.P. intende ora pro-porsi quale promotore di azioni locali con uno sguardo al globale per “co-progettare la comunicazione per  costruire comunità”. Alla luce di una consolidata esperienza, dall’editoria fino all’implementazione di filiere per la cultura, il Centro Studi si candida ad accompagnare le Pubbliche  Amministrazioni, in particolare quelle comunali o di Unioni di Comuni, nello sviluppo di piani partecipativi, di processi/progetti di comunicazione volti a determinare una nuova alleanza con e per i cittadini.


La Sfida

È possibile ri-costruire una comunità umana basata sul gioco della comunicazione?

La questione che Karl Otto Apel poneva in macro può avere una propria peculiare validità anche riportata alla dimensione dei microcosmi. Nelle nostre comunità, cioè, la comunicazione può essere un fattore di superamento della solipsistica reclusione in sé che è una delle “emergenze sociali” di questo tempo. Centrale è l’innesco di una (ri)scoperta del valore della relazione quale motore di costruzione di “bene comune” attraverso la condivisone delle conoscenze (delle informazioni e delle narrazioni).

Le Pubbliche Amministrazioni e le realtà della “società civile organizzata” condividono, concorrenti e sussidiarie, la grande sfida di ridare centralità alla persona (ovvero all’individuo relazionato e comunicante, in ciò sociale).

La   vicenda  della   pandemia, forse   troppo  rapidamente  archiviata  come  una parentesi da chiudere in fretta, ci ha posto di fronte/dentro ad almeno due lasciti. Uno positivo (una diffusa accelerazione tecnologica, anche nelle comunicazioni, altrimenti impensabile) e uno negativo (un ripiegamento individualistico con il rischio con un’alienazione nella virtualità).

La  comunicazione per la comunità” e “la comunità nella comunicazione” divengono, allora, temi particolarmente adeguati, per la loro urgenza e il loro significato in prospettiva, per   osarvi una  “amministrazione condivisa”, con  gli Enti  locali  e  i soggetti del Terzo settore uniti per valorizzare e portare a sistema le esperienze di innovazione spontaneamente avviate. Anche  traguardando  a divenire smartcommunity e smartland.

Con questa consapevolezza, il Centro Studi si propone come attivatore/curatore di processi in questo senso, anche guardando all’indispensabile raggiungimento dei goals dell’Agenda 2030.


Un passo indietro
Amministrazione Condivisa
Riferimenti normativi/quadro giuridico

Un  cambiamento epocale, innestato  dall’art.  55  del  Codice del  Terzo settore (dlgs 117/2017) e confermato nel  modo più  autorevole dalla sentenza 131 della Corte costituzionale, secondo cui  l’amministrazione condivisa “realizza per la prima volta in termini generali una  vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria” delineata dall’art. 118 della

Costituzione; ciò,  sempre secondo le parole della  Corte, in quanto al Terzo settore “è riconosciuta una specifica attitudine a partecipare insieme ai soggetti pubblici alla realizzazione dell’interesse generale”.

Enti pubblici e Terzo settore, quindi, non sono controparti, l’una che domanda servizi e l’altra che li offre, l’una che definisce cosa fare e l’altra che lo esegue; ma, al contrario, alleati per realizzare insieme una finalità comune.

La preesistenza della “società solidale” allo Stato, proprio nell’ottica del principio di sussidiarietà, sancito non solo dalla Costituzione ma cardine anche dei Trattati europei,  ci dice  che  vadano costruite forme che sanciscano e valorizzino il loro contributo. Quale la strada?

La strada è proprio quell’articolo 55 del Codice del Terzo Settore che  porta in  campo la sfidante prassi, tanto per il  pubblico  quanto per l’associazionismo, della “amministrazione condivisa”.  Co-programmare e co-gestire,  o sviluppare un partenariato, costruisce un’efficacia maggiore dell’azione anche perché questa avviene nel quadro di un rapporto con la persona. La tensione ideale non è un orpello, bensì  reale plu-svalore.

Prof. Luca  Antonini,  Giudice Costituzionale.
Tratto  dall’intervista rilasciata a Marco Margrita
e comparsa  sul numero 1/2024 della rivista “Traguardi Sociali”


Perché la Co-progettazione
con il Terzo Settore
è un valore per le P.A.

La co-progettazione rappresenta un’opportunità unica per la pubblica amministrazione di lavorare in sinergia con il Terzo settore. Questo approccio offre  numerosi vantaggi, tra cui l’espansione degli interventi a campi più larghi nei servizi

Sinergia e Integrazione

Attraverso un procedimento di co- progettazione, l’ente pubblico, altri enti pubblici le  cui competenze hanno elementi di intersezione con il settore in questione e gli enti del Terzo settore lavorano congiuntamente  per  definire e   realizzare interventi finalizzati a soddisfare bisogni  definiti   nell’ambito dei settori  di interesse generale. Questa   sinergia    permette   di valorizzare l’integrazione tra  una pluralità  di  soggetti – enti   pubblici, imprese sociali, volontariato, associazionismo –  che    scelgono  di lavorare in  modo  sinergico avendo come obiettivo condiviso la risposta ad uno specifico bisogno sociale.

Innovazione e Risposta ai Bisogni Sociali

La co-progettazione favorisce una lettura più penetrante   dei bisogni al fine di  fornire servizi più  innovativi. Inoltre, la riforma ha ampliato gli spazi di decisione e attuazione partecipata delle organizzazioni sociali senza scopo di lucro, favorendone il coinvolgimento attivo.

La Regione Piemonte è intervenuta legislativamente con  la legge  regionale n. 7/2024, recante “Norme di sostegno e promozione degli enti del terzo settore piemontese”, approvata nel marzo scorso all’unanimità dal Consiglio. Il Capo IV è quindi dedicato ai “Rapporti fra enti del terzo settore e pubblica amministrazione”, con particolare riferimento agli istituti della co-programmazione e della co-progettazione. In primo  luogo, si dà attuazione a quanto previsto dal dm 72/2021 (Linee guida sul rapporto tra pubbliche  amministrazioni ed enti del Terzo settore), disciplinando l’attivazione dei procedimenti dal lato  del Terzo settore, esclusivamente però con riferimento alla co-progettazione (art. 12, co. 1, lett. a). Rimane fermo che, in virtù  dei principi  della legge  241/90 e delle indicazioni  del dm 72/2021, sarà  possibile un’iniziativa del Terzo settore anche con riferimento alla co-programmazione.

Collaborazione vs Competizione

L’appalto è lo strumento utile ad individuare il  miglior fornitore di una prestazione definita, facendolo emergere da una competizione; la co- progettazione si attua  quando  si ritenga utile far emergere, in ottica di sostegno sussidiario a quanto il Terzo settore può esprimere e tramite un lavoro comune tra  ente  pubblico  ed enti del Terzo settore, un progetto condiviso    identificando    insieme      e grazie alla  sinergia dei   soggetti presenti al tavolo le migliori risposte ad uno specifico bisogno sociale.

In conclusione, la co-progettazione con il terzo settore offre alla pubblica amministrazione  un’opportunità unica di  collaborazione, innovazione e risposta efficace ai bisogni sociali. Questo approccio  rappresenta un passo avanti verso una gestione più inclusiva e partecipativa dei servizi pubblici.


Allargando lo sguardo
Agenda 2030 e comunicazione
Costruire sostenibilità sociale nella e per la comunità

Comunicazione deriva dalle parole indoeuropee “ko” e “mein”, che significano “creare comunità”.   I  professionisti della  comunicazione  hanno  la  responsabilità  di  creare e prendersi cura  delle comunità, da quelle che  compongono le nostre  organizzazioni alle società di cui fanno  parte“. Questo passaggio etimologico è tratto dalle premesse dell’Appello che  la Global  Alliance  – la federazione delle principali  associazioni e istituzioni mondiali di relazioni  pubbliche  e comunicazione e che  rappresenta oltre 320mila professionisti e accademici – ha lanciato per una iniziativa (condivisa in Italia da (FERPI) affinché venga presentata la richiesta alle Nazioni Unite di aggiungere un nuovo goal, il diciottesimo, agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030: l’obiettivo “comunicazione responsabile”.

Ritenendo la richiesta ragionevole e la “comunicazione     responsabile”    un obiettivo    che      attraversa trasversalmente tutti  i   diciassette,   la sfida della costruzione di “comunità sostenibili”,    leggendo    la        sostenibilità come paradigma decisivo in questo “cambio d’epoca”, non può non essere al centro di questa nostra proposta di co- progettazione. Gli Enti pubblici e il Terzo settore, infatti, non sono  meno  toccati da  questa urgenza di quanto lo siano  i soggetti profit (le aziende, in ogni caso, proprio su questo punto  possono essere lette non solo come stakeholder ma anche quali partner ulteriori proprio nella logica della CRS).

Il Centro Studi e i  professionisti che vi operano assumono come riferimento etico e deontologico  il “Manifesto della comunicazione non ostile (https://paroleostili.it/manifesto/) Tale   Manifesto  ha   una   sua   declinazione  per   le  P.A. (https://paroleostili.it/pubblica-amministrazione/)  che   può essere la base valoriale per la costruzione partecipata di una “comunicazione di/della comunità non ostile”, cioè a un contributo  comunicazionale  all’incremento             della sostenibilità e all’assunzione dell’inclusione come traguardo che può essere più facilmente raggiunto attraverso narrazioni.


Ancora un richiamo al contesto
La comunicazione istituzionale
Dalla Legge 150/2000 alla relazione comunicante con e dei cittadini

Il  comma 4 dell’art. 1 della legge 150/2000 individua quali siano le attività di comunicazione e  quali  quelle  di  informazione, invero   senza fornire una  chiara definizione di entrambi. Questa “indeterminatezza” può essere vista come un’opportunità creativa.

Qui ci concentriamo, richiamando il dettato della legge, ad alcune delle declinazioni individuate dalla  comunicazione esterna  (che  nella nostra logica  diventa, invece, interna alla rete comunitaria partecipata). In particolare:

  • illustrare  e  favorire la  conoscenza  delle  disposizioni   normative,  al  fine   di facilitarne l’applicazione;
  • illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento;
  • favorire l’accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza;
  • promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale;
  • favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati nonché la conoscenza dell’avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi.

La comunicazione istituzionale, se riletta nella visione di “comunicazione di comunità”, può uscire da una mera applicazione formale e diventare un ambito di innesco della “cittadinanza attiva”. La co-progettazione con i  soggetti del Terzo settore, in particolare, può diventare il metodo per compierla quale “relazione comunicante con e del cittadino”.

Centrale è la multicanalità, ma ancor prima le “buone prassi” di partecipazione. La multicanalità, ci permettiamo questa sottolineatura, diventa un processo circolare che si auto-implementa costantemente (creazione del servizio- comunicazione-fruizione-feedback-miglioramento del servizio comunicazione, e così via…)


Il metodo partecipativo

Dalla consapevolezza, attraverso la condivisione,
alla connessione Una “mappa di comunità”
che informa, narra e comunica

La  mappa   di  comunità   è  uno strumento con cui gli abitanti di un determinato luogo hanno la possibilità di rappresentare il patrimonio, il paesaggio, i saperi in cui si riconoscono e che  desiderano trasmettere alle nuove   generazioni.  Evidenzia  il   modo con cui  la comunità locale vede, percepisce,  attribuisce  valore   al proprio territorio, alle sue memorie, alle sue  trasformazioni, alla sua  realtà attuale e  a  come vorrebbe che  fosse in futuro. Consiste in una  rappresentazione cartografica  o  in un qualsiasi   altro prodotto  od elaborato in cui la comunità si può identificare“. (www.mappadicomunita.it)

Ispirandosi a  questo metodo, con  un progetto/processo che  si  fa oggetto in evoluzione, si  propone di costruire tavoli narr-attivi che svolgano un “lavoro comunitario” di pianificazione redazionale.

I comunicatori del Centro Studi  dapprima si confrontano con  amministratori e strutture amministrative per  sviluppare un progetto che sia un “abito di sartoria” pensato sulle edizione del Comune/Comunità oppure della comunità sovracomunale. Questi tavoli/laboratori sviluppano connessioni ulteriori (associazioni, imprese, etc…) al fine di sviluppare una consapevolezza sulle quattro dimensione: altezza, lunghezza, profondità e tempo.


Exempla

Le Azioni
La comunicazione parte dalla comunità e ad essa ritorna

La  comunicazione non è  semplice trasmissione di informazioni (dati,  nel Mare magnum dei Big Data). La comunicazione, come cura del  contenuto-messaggio e dell’individuazione  del media  più opportuno per  la sua  consegna, è creazione di comunità e ricostituente della relazione (come  possibilità di aperture e sviluppo, non ripiegamento su di sé) tra i suoi membri. È un’azione generativa, ciò è evidente negli estensori di personalità che  sono i social-network (commuty-communities). Fisico e digitale (cross-medialità) per battere la virtualizzazione

Un progetto cross-mediale: vecchi e nuovi media in virtuosa sinergia
L’amministrazione vicina al cittadino, il paese-brand nell’infosfera

  1. Social-media  management e  applicazioni generanti comunità ad esempio (far incontrare la domanda con l’offerta per  lavori saltuari o quelli di cura: la comunicazione come attore del welfare di comunità)
  2. Ufficio Stampa diffuso (rapporto con le testate locali,  regionali e nazionali/di settore)
  3. Giornalismo  di  comunità  (“Giornale  della  comunità”  e  supporto  al racconto dei corpi intermedi/eccellenze)
  4. Storytellling territoriale  (produzione di storie e  immagini:  narrazione, fumetti, foto e video)
  5. Posizionamento del brand comunale o territoriale(Turismo di prossimità, ricerche di mercato per insediamento d’impresa e attrazione di competenze anche accogliendo le possibilità dello smart-working e della nuova consapevolezza rispetto a logistica-mobilità)
  6. Animazione del territorio attraverso la valorizzazione di esso e dei protagonismi in esso presente. Anche con la valorizzazione di opere già pubblicate dai vari  editori  e recupero volumi fuori distribuzione (anastatiche)
  7. Racconti e memorie del  territorio come rafforzamento e nuova creazione del senso di comunità.
  8. Implementare, migliorare le  skill  dei  cittadini come  sostegno per  le nuove   competenze  e  nuove   necessità   come   l’accesso alla digitalizzazione.


Chi siamo        

Fondato nel 2012 come associazione culturale, il  Centro Studi   Silvio  Pellico si    occupa   statutariamente   di diffondere/promuovere la cultura nel territorio nazionale e sviluppare di reti di comunicazione solidale/partecipata.

La  principale azione volta all’integrazione e all’abbattimento delle barriere cognitive consiste nella produzione di titoli a grandi caratteri (corpo 18) per lettori ipovedenti e dislessici, settore editoriale nel quale è leader in Europa.

Si occupa inoltre di garantire la produzione e disponibilità dei classici della letteratura italiana e di grandi opere che non troverebbero spazio nella produzione commerciale mainstream.

È anche uno dei principali editori di libri in lingua piemontese.

A partire dal 2013 ha incorporato per donazioni successive svariati marchi editoriali: Marcovalerio Edizioni (prestigioso marchio storico  con oltre 700 titoli a catalogo); Ajisaipress (che si occupa di ricamo rinascimentale, diffuso a livello internazionale, che occupa soggetti autistici); Vita libri (editrice libraria della Diocesi di Pinerolo, emanazione del giornale Vita diocesana pinerolese); Ivo Forza Edizioni,(marchio di saggistica vicentino). Detiene inoltre i marchi Mistlore, in collaborazione con l’Associazione Amici di VTES Italy; Gondour Edizioni, laboratorio editoriale; Terre d’Acaja, marchio di valorizzazione territoriale del pinerolese registrato a livello internazionale.

All’interno del C.S.S.P. opera un atelier giornalistico e narrativo, attivo su testate di nostra gestione e non, con particolare attenzione alle storie e valori territoriali.

Il Centro Studi Silvio Pellico è dotato di un proprio centro stampa digitale interno.

Le attività culturali sul territorio sono molteplici: progetti di collaborazione con le Biblioteche Civiche, gli istituti di istruzione superiore, amministrazioni comunali e regionali, enti universitari, musei e istituzioni pubbliche.

Fra i  progetti realizzati e  in corso di realizzazione: I Congresso Mondiale  NeanderArt (Campus Einaudi, Centro Studi  e Museo di Arte Preistorica, Università di Torino), Pinerolo Mille Anni di Storia (Città di Pinerolo), la Biblioteca dei Ragazzi per i Ragazzi (Città di Pinerolo, IIS Prever), Ennio Antonangeli il fotografo che  immortalò l’Italia (didattica), I libri di Lidia i luoghi di Lidia (conferenza, mostra e attività sulla parità di genere legati alla figura di Lidia Poet, prima avvocata d’Italia); i 600 anni della Beata Panacea (Valsesia); Enrico Colombotto Rosso il genio visionario (mostra e catalogo).

Annualmente distribuisce circa 20 mila euro di pubblicazioni in omaggio a favore di raccolte fondi di beneficenza per altre associazioni.

 

I commenti sono chiusi.